Oración , Preghiera , Priére , Prayer , Gebet , Oratio, Oração de Jesus

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CATECISMO DA IGREJA CATÓLICA:
2666. Mas o nome que tudo encerra é o que o Filho de Deus recebe na sua encarnação: JESUS. O nome divino é indizível para lábios humanos mas, ao assumir a nossa humanidade, o Verbo de Deus comunica-no-lo e nós podemos invocá-lo: «Jesus», « YHWH salva» . O nome de Jesus contém tudo: Deus e o homem e toda a economia da criação e da salvação. Rezar «Jesus» é invocá-Lo, chamá-Lo a nós. O seu nome é o único que contém a presença que significa. Jesus é o Ressuscitado, e todo aquele que invocar o seu nome, acolhe o Filho de Deus que o amou e por ele Se entregou.
2667. Esta invocação de fé tão simples foi desenvolvida na tradição da oração sob as mais variadas formas, tanto no Oriente como no Ocidente. A formulação mais habitual, transmitida pelos espirituais do Sinai, da Síria e de Athos, é a invocação: «Jesus, Cristo, Filho de Deus, Senhor, tende piedade de nós, pecadores!». Ela conjuga o hino cristológico de Fl 2, 6-11 com a invocação do publicano e dos mendigos da luz (14). Por ela, o coração sintoniza com a miséria dos homens e com a misericórdia do seu Salvador.
2668. A invocação do santo Nome de Jesus é o caminho mais simples da oração contínua. Muitas vezes repetida por um coração humildemente atento, não se dispersa num «mar de palavras», mas «guarda a Palavra e produz fruto pela constância». E é possível «em todo o tempo», porque não constitui uma ocupação a par de outra, mas é a ocupação única, a de amar a Deus, que anima e transfigura toda a acção em Cristo Jesus.

segunda-feira, 7 de julho de 2014

VITA E CONDOTTA DEL SANTO E TEOFORO NOSTRO PADRE PIETRO L'ATHONITA

VITA E CONDOTTA DEL SANTO E TEOFORO NOSTRO PADRE PIETRO L'ATHONITA



PARTE I

E’ cosa buona, molto utile e gradita a Dio mettere per iscritto le vite dei santi e la loro condotta cara a Dio e trasmetterle ai posteri per il loro giovamento e per destare lo zelo che conduce all'imitazione. Gli ascoltatori infatti ne ricavano un'utilità non comune e chi scrive il compenso che deriva dall'utilità di chi ascolta. Per questo motivo anch'io, obbedendo al comandamento paterno che mi ordinava di mettere per iscritto la vita del molto beato nostro padre Pietro che ha vissuto in modo angelico sul monte Athos e vi ha passato la vita in maniera, per così dire, immateriale, ho ritenuto opportuno iniziare dal miracolo operato in suo favore dal tre volte beato nostro padre Nicola e poi, secondo l'ordine e la successione, narrare il seguito della sua vita.

Il miracolo si è verificato in questo modo, come ha scritto il grande nostro padre Metodio vescovo di Patara: "Alcuni monaci tra gli eccellenti e tra coloro che sono intenti a piacere a Dio in ogni cosa, persone istruite nella verità oltre che nelle altre virtù, mi hanno riferito che il molto beato Nicola ha di recente operato un miracolo. Raccontano che Pietro di beata memoria divenuto monaco da soldato che era, fu indirizzato in questa maniera alla vita monastica. Egli faceva parte della quinta scholè, e con molte altre milizie fu inviato in Siria per la guerra. Gli capitò in sorte, cosa che spesso ha consuetudine di succedere agli uomini, quanto segue. I barbari, essendosi dimostrati superiori, travolsero i romei in battaglia. Moltissimi furono fatti prigionieri, tra i quali lo stesso Pietro che, dopo essere stato catturato, fu inviato a Samarra (questa è una città degli arabi con grandi fortificazioni e molto popolosa e consegnato al loro sovrano come preda di guerra. Quell'empio lo fece gettare nella prigione pubblica e i suoi piedi furono rinserrati in pesanti catene. Egli, diventato una sorta di avvedutissimo esaminatore delle proprie cose, comprese allora il motivo della sua cattura e della sua prigionia. Egli infatti aveva più volte fatto la promessa a Dio di diventare monaco e di rinunziare alle faccende del mondo, ma aveva rimandato la realizzazione di questa sua promessa. Allora si lamentò, si afflisse, si sdegnò, accusò se stesso per la negligenza e infine, avendo provato quanto era meritato il castigo, sopportò riconoscente quello che gli era capitato. Egli aveva oramai trascorso in prigione un lungo periodo e non gli si prospettava alcuna possibilità di salvezza.

Poiché da tempo era a conoscenza dei miracoli di san Nicola, e aveva meditato di invocarlo quale soccorritore nella distretta, con la confidenza che gli veniva dall'abitudine disse: 'Io, o san Nicola, so di essere indegno di ogni salvezza: ho infatti più volte promesso a Dio di farmi monaco e non avendo mantenuto la mia promessa al Creatore, meritatamente sono finito in questo carcere buio. Per questo motivo non oso rivolgere a lui la mia supplica di essere liberato, ardisco invece ricorrere al tuo aiuto perché abitualmente sollevi dai gravami nelle avversità e ti commuovi con le invocazioni degli afflitti. Faccio appello a te come intercessore e mallevadore presso di lui, per essere liberato, grazie a te e con il suo consenso, da queste catene. Non rimarrò nei turbamenti del mondo, né ritornerò nella mia patria, ma andrò a Roma e mi farò tonsurare sul sepolcro del corifeo Pietro. Trascorrerò così tutto il resto della mia vita, da monaco invece che da secolare, intento con tutte le mie forze a essere gradito a Dio.

Dopo aver detto queste e altre parole, si diede al digiuno e alle suppliche e passò sette giorni senza toccare cibo. Alla fine della settimana, il soccorritore che si affretta in aiuto di quanti lo invocano, l'ardente patrono, san Nicola, gli apparve e gli disse: 'Ho udito la tua supplica, fratello Pietro, e ho ascoltato il gemito del tuo cuore e ho scongiurato per te Dio misericordioso e amico dell'uomo, ma, come ben sai fratello, sei stato un indolente esecutore dei suoi comandamenti ed egli non vuole scioglierti dalle catene: cosa che oltrepassa i nostri sforzi per la tua salvezza. Tuttavia poiché suo comandamento è: Chiedete e vi sarà dato, bussate e vi sarà aperto (Mt 7,7), non scoraggiamoci e continuiamo a supplicare la sua bontà e il suo amore per l'uomo: egli conosce quello che è utile e di sicuro lo disporrà anche per noi'.

San Nicola, dopo aver detto queste parole e dopo averlo incoraggiato a perseverare, si allontanò. Allora Pietro mangiò, e poi si diede ancora alle suppliche nel digiuno. San Nicola gli apparve una seconda volta, un po' scuro in viso come se avesse supplicato per lui e non fosse stato ascoltato. Gli disse con voce sommessa e dolce: 'Fratello, credimi: non ho cessato di insistere con te presso la bontà e l'amore divini, ma, non so per quali giudizi o per quale disegno, la liberazione è differita. Il molto misericordioso è solito tardare per il nostro stesso bene, in modo che, avendo ottenuto in fretta la grazia, non la disprezziamo per leggerezza. Egli desidera inoltre che altri tra coloro che gli sono graditi preghino per te. Ti indicherò un ambasciatore di sommo valore presso di lui: entrambi dobbiamo prenderlo come avvocato, ma soltanto in cose prive di falsità. Sappi che in questo modo Dio esaudirà di sua volontà la domanda di salvezza.

Pietro gli chiese: 'E chi è dunque, o santo signore, colui che più di te è in grado di trarre Dio alla misericordia, dal momento che grazie alle tue intercessioni e alle tue ambascerie tutto il mondo è salvato?'. Lo prevenne il grande Nicola e disse: 'Conosci Simeone il giusto che accolse nelle sue braccia il Signore, bambino di quattro giorni, e lo introdusse nel tempio?' (cf. Lc 2,25-26). Gli rispose: 'Lo conosco, o santo di Dio, e non lo ignoro: di lui si parla nei santi Vangeli. L'amante dell'uomo Nicola disse allora: 'Lo invieremo entrambi in ambasceria. Egli può fare questo perché sta sempre presso il trono divino assieme al Precursore e alla Madre di Dio. Senza dubbio quello che a noi non è riuscito avrà un esito felice. Detto questo, Nicola si allontanò.

Al suo risveglio, Pietro si diede di nuovo alle suppliche e ai digiuni e non tralasciava di invocare l'intercessione di Nicola. Guarda la compassione del santo! Egli voleva curare colui che lo supplicava ed esaudire le sue domande e così non esitò a prendere quale intercessore Simeone il giusto! Assieme a lui si presentò durante una terza apparizione, quando Pietro fu gratificato della liberazione dai tormenti. San Nicola in quell'occasione gli disse: 'Non aver timore, fratello Pietro, e sbarazzati del tuo grande scoraggiamento: ho infatti trasmesso la supplica al mediatore e intercessore comune Simeone. Pietro alzò gli occhi e alla vista del grande Simeone diventò tutto tremante per la paura di quanto vedeva. Simeone il giusto gli apparve con in mano la verga d'oro, indossando l'efod e la fascia sul capo (kidaris) e gli disse queste parole: 'Sei tu quello che ha importunato il fratello Nicola? E non hai smesso di supplicarlo di liberarti dall'afflizione che ti cinge, da questa prigione e da queste catene?' Pietro, riuscendo a stento ad aprire la bocca, gli rispose: 'Sì, o santo di Dio, sono io il meschino che si è a lui appellato quale mallevadore presso Dio e alla tua santità quale intermediario e ambasciatore. Simeone gli disse: 'E d'ora in poi manterrai fermamente quanto hai promesso? Quando ti sveglierai diventerai monaco e vivrai nella virtù?'. Il supplice lo prevenne e rispose: 'SI'. E Simeone il giusto continuò: 'Dal momento che confermi di mantenere la tua promessa, esci senza impedimenti da qui e va' dove vuoi. Oramai niente di quanto può sembrare un impedimento ti potrà ostacolare o trattenere. Poiché Pietro gli mostrava i piedi straziati dai ferri, san Simeone stese la verga che teneva in mano, toccò le catene e le sciolse come cera al fuoco (Sal 67,3): le sciolse e all'istante le fece svanire. Poi Simeone il giusto uscì dalla prigione e Pietro lo seguiva accompagnato dal beato Nicola. Essendo giunti fuori della città, mostrò a Pietro che quanto vedeva non era un sogno (egli credeva infatti di sognare a causa della straordinarietà di quello che era accaduto). Simeone raccomandò quindi al grande Nicola di prendersi cura di lui e sparì dalla loro vista.

Pietro restò da solo, accompagnato e sospinto dal custode della sua salvezza Nicola. Il grande gli ordinò allora di mangiare qualcosa. Pietro gli rispose che non aveva nulla da mangiare. Il vero adoratore di Dio Nicola lo incoraggiò e lo esortò a introdursi in uno degli orti vicini e di prendere quanti frutti voleva. Egli seguì il suo consiglio ed ebbe da mangiare a sufficienza. Il grande Nicola continuò poi a guidarlo fino a quando Pietro raggiunse sano e salvo l'Impero dei romei. Quando l'uomo entrò nel territorio dei greci, subito il santo si allontanò da lui dopo avergli detto soltanto queste parole. 'Fratello Pietro, è ora tempo che tu mantenga al più presto la tua promessa per non essere riportato a Samarra prigioniero.' Pietro allora, sia per punizione dell'indugio passato sia perché voleva onorare il santo, non fece ritorno a casa, né si fece vivo con i familiari e i conoscenti in modo che il suo zelo non fosse da loro arrestato, ma, il più veloce possibile, si affrettò verso Roma per adempiere la promessa fatta al Signore con le sue stesse labbra.

E guarda qui, o amico degli ortodossi, la straordinaria sollecitudine del molto beato Nicola! Egli come un padre affezionato e compassionevole, o come un pedagogo più che eccellente, segue da vicino chi confida in lui: viaggia assieme a lui, lo segue, lo precede, prepara quello che gli sta davanti, rafforza quello che gli sta dietro, in ogni circostanza lo pone sulla retta via e non lo abbandona fino a quando non lo ha condotto a Dio, come si era prefisso! Infatti quando Pietro arrivò nei pressi di Roma, ed egli non conosceva il paese ed era uno sconosciuto, il grande Nicola lo rese noto e lo manifestò a colui che allora presiedeva la chiesa dei romani. Di notte fece conoscere al papa l'uomo che teneva in mano, gli raccontò come lo aveva liberato da Samarra, come egli avesse promesso di ricevere la tonsura sul sepolcro del corifeo degli Apostoli e il seguito della vicenda. Gli svelò inoltre il nome dell'uomo, gli disse che si chiamava Pietro, e incitò il papa a darsi da fare perché la promessa fosse al più presto mantenuta. Il papa, al suo risveglio, si recò nel santuario del corifeo degli Apostoli (era infatti domenica), e si mise a osservare i presenti e a guardare i volti di coloro che gli venivano incontro, cercando di vedere e di riconoscere la persona che gli era stata indicata durante il sonno. Avendo percorso con lo sguardo la grande folla, lo vide che stava in piedi in mezzo agli altri. Gli fece cenno un paio di volte, ma poiché quello non gli rispondeva, lo chiamò ad alta voce per nome: 'Pietro che vieni dalla Grecia, non sei forse colui che il grande Nicola ha liberato dalle catene e dal carcere a Samarra?'. Egli, confermata la sua identità, rimase sbalordito per la straordinarietà di quanto aveva udito. Ma il papa gli rispose: 'Fratello Pietro, non meravigliarti perché ti ho chiamato per nome anche se non ti ho mai visto prima d'ora. L'illustre e grande Nicola mi è apparso di notte e mi ha fatto conoscere tutta la tua vicenda e mi ha detto che sei venuto qui per essere tonsurato. Esaudirò quindi questa tua promessa al Signore. Dopo aver detto questo, il papa lo tonsurò e lo consacrò a Dio, secondo la promessa.

Quell'uomo veramente divino dopo aver trascorso un non breve periodo presso il papa, dal quale fu istruito nelle cose riguardanti la salvezza dell'anima e l'utilità spirituale, se ne partì in pace da Roma. Il beatissimo papa lo congedò con queste parole: "Va', figlio mio, il Signore sarà con te, egli guiderà il tuo cammino, ti rafforzerà in ogni opera buona e ti custodirà dagli inganni del diavolo". Il beato Pietro cadde ai piedi del papa e gli disse: "Salvami, o onorato padre! Salvami, o discepolo di Cristo! Presta ascolto al mio mallevadore e liberatore san Nicola!".

Dopo aver abbracciato tutti i membri del clero, uscì dalla città pregando Dio di non fargli abbandonare la buona intenzione. Egli trovò una nave, si imbarcò e partì. Il vento era favorevole e, avendo navigato per diversi giorni, arrivarono in un villaggio. Dopo essere approdati, i marinai scesero a terra per cuo­cere il pane. Giunsero in una casupola e trovarono tutti i suoi abitanti ammalati. Cotto il pane, i marinai si sedettero per mangiare e dissero a uno di loro: "Prendi un pane ancora caldo e portalo al capitano e al nostro padre". Il padrone di casa, avendo sentito parlare del padre, disse loro: "Miei signori, il padre venga a benedire me e mio figlio, ché si sta avvicinando la crudele morte. Come potete vedere, siamo ammalati". Ascoltate queste parole le riferirono al padre. Egli, che era dotato di un'estrema umiltà e non desiderava manifestarsi, non li voleva seguire. Ma, quando venne a sapere che quelli erano oramai giunti alla soglia della morte, si rattristò e si incupì e intraprese la strada con loro. Non appena il padre si avvicinò alla porta della casa ed ebbe detto "Salve" al padrone di casa, subito e all'istante il malato, come ritornato in sé da un sonno molto profondo, si alzò dal giaciglio, cadde ai piedi del santo, e li abbracciò nelle lacrime. Egli quindi si rialzò in buona salute e guarito, pieno di meraviglia per la sua guarigione. Allora, preso per mano il santo, si recò ai tetti degli ammalati che al segno di croce del santo guarirono. Dopo la guarigione di tutti gli ammalati della casa, essi fecero ritorno alla nave. I marinai raccontarono al capitano quanto il santo aveva fatto. Resero così gloria a Dio e gettandosi ai suoi piedi si prostrarono dinanzi a lui. Il padrone di casa, che era stato guarito con tutti i suoi, arrivò alla nave: portava con le proprie mani pane, vino e olio. Il nostro grande padre Pietro, pur accogliendo la sua intenzione, rifiutò i doni. Allora quello si gettò ai suoi piedi assieme a quelli che lo accompagnavano e piangevano lacrime amare dicendo: "Vero servo di Cristo, se non accetti questo piccolo dono dalle nostre mani non faremo ritorno a casa". Il padre acconsentì a fatica e, poiché tutto l'equipaggio della nave lo incitava in questo senso, accettò il dono. E quelli, dopo averlo salutato, ritornarono alla loro dimora rendendo grazie a Dio e al suo adoratore.

Dopo questi avvenimenti, con i quali Dio aveva glorificato in tutto il suo servo, i marinai partirono da lì e continuarono la loro rotta. Nella nave il beato padre si cibava da sera a sera di un oncia di pane e quale bevanda aveva un bicchiere di acqua del mare. Navigarono per un certo numero di giorni e approdarono infine in un luogo tranquillo. Al molto beato Pietro che si concedeva un breve sonno allora apparve l'immacolata Madre di Dio in uno straordinario splendore, e vicino a lei stava il grande Nicola, pieno di rispetto, timore e tremore, che la pregava con tono supplichevole: "Signora e padrona dell'universo, poiché hai voluto liberare questo tuo servo dalla dura prigionia, ti scongiuro: indicagli anche il luogo dove egli dovrà trascorrere il resto della sua vita, compiendo le opere care a Dio". La Madre di Dio, volgendosi verso di lui, disse: "La sua dimora sarà sul Monte Athos che su mia richiesta ho ricevuto in eredità da mio figlio e Dio. Là quelli che abbandoneranno i turbamenti mondani e abbracceranno le cose spirituali, secondo le loro forze, e invocheranno il mio nome in verità, fede e disposizione d'animo, trascorreranno la vita presente nell'assenza di preoccupazioni e guadagneranno la futura per mezzo di opere gradite a Dio. Questo monte mi dà grande diletto e il mio spirito su di lui si rallegra: so infatti con certezza che verrà un tempo in cui sarà colmo di monaci da un capo all'altro e, se essi seguiranno i comandamenti salvifici, la misericordia del mio figlio e Dio non si allontanerà da loro. E li diffonderò nel meridione e nel settentrione del monte, e l'avranno in possesso da mare a mare, e renderò rinomato il loro nome in ogni contrada sotto il sole e proteggerò quelli che persisteranno in questo monte".

Il lettore del presente racconto consideri il sommo amore del Signore nei confronti dell'uomo, la compassione e l'amore del servo per il compagno di servaggio, la sollecitudine e la protezione della signora per il servo! Consideri anche la fede purissima di Pietro che gli appianava ogni difficoltà e come egli mantenne la promessa che aveva fatto al Signore!

Al suo risveglio il beato, che aveva ancora nitida la visione, rese grazie a Dio, alla sua immacolata Madre e al grande padre Nicola. Era all'incirca l'ora terza e, alzatosi un vento favorevole, salparono nella letizia. Quando erano già arrivati nei pressi dell'estremità del Monte Athos, la nave all'improvviso si arrestò, anche se il vento continuava a soffiare e a gonfiare le vele. I marinai si misero a discutere tra loro e si domandavano: "Che razza di prodigio è questo e cos'è questa strana novità? In mare aperto e con il vento favorevole la nave contro ogni aspettativa non avanza!". Ai marinai che si facevano queste domande il santo con grandi gemiti chiese: "Figli miei, se rispondete a questa mia domanda, darò una soluzione ai vostri dubbi. Come si chiama questo luogo?". Essi risposero: "Onorato padre, si tratta del Monte Santo che dall'antichità ha il nome di Athos". Egli disse loro: "Questo prodigio si è verificato a causa mia, se non mi portate in questo luogo e non mi lasciate là, non vi sarà possibile procedere". I marinai, afflitti e in lacrime, calarono le vele e si avvicinarono a terra. Quindi lo sbarcarono tra i pianti e i lamenti e lo lasciarono là esclamando: "Oggi ci viene meno una grande protezione e un soccorso perché tu ti separi da noi". E il santo di rimando: "Perché, figli miei, gridate in questo modo e vi strappate le vesti per me che sono ricolmo di ogni peccato? Il Signore amante dell'uomo che è in ogni luogo e che è onnipotente vi accompagnerà e vi custodirà in tutte le opere buone e accorderà il suo soccorso a me che gli offro la primizia di una condotta a lui cara". Pronunziate queste parole, diede loro il triplice bacio nel Signore e si avvicinò alla nave segnandola con la croce. Disse quindi: "Fratelli andate in pace. Il Signore sia con voi", e li inviò alla loro meta.

Da quel capo egli intraprese con molto sudore e fatica un cammino ripido e difficile con il quale giunse a un pianoro uniforme e arieggiato". Dopo essersi un poco riposato dalle sue fatiche, si rimise in marcia alla ricerca di un luogo dove fissare la propria dimora. Avendo percorso numerose cavità, avvallamenti e colline, trovò infine una grotta molto buia, circondata da una fitta boscaglia. Nella grotta c'era un numero enorme di serpenti che oltrepassava quello degli astri del cielo e della sabbia del mare. Con loro dimorava una grande quantità di demoni che levarono contro il santo un nugolo di tentazioni che la lingua non può raccontare né l'orecchio udire. Pietro tagliò allora gli arbusti che coprivano l'entrata creata da Dio della grotta e vi si stabilì. Egli rendeva grazie e lodava il Signore notte e giorno e elevava preghiere ardenti.

Il santo vi trascorse in questo modo due settimane, quando Satana, da sempre invidioso dei virtuosi, non sopportò la sua grande tenacia e il suo coraggio. Raccolse tutto il suo esercito armato di archi e di frecce e penetrò da solo nella grotta nella quale il santo conduceva l'agone della lotta dei martiri, mentre gli altri demoni facevano rotolare all'esterno enormi pietre, lanciando urla e grida all'indirizzo di Pietro. Vedendo questo, il santo disse: "Senza dubbio sono giunto alla fine e fra poco non sarò più tra i vivi". E il loro comandante era dentro la grotta mentre il resto della sua panoplia aveva in mano dardi dando l'impressione di volerli lanciare contro il santo per ucciderlo. Ma egli, preservato incolume dalla grazia celeste, disse tra sé e sé: "Devo uscire dalla grotta per capire cos'è questa follia e cosa sono queste truppe schierate". Uscì e vide gli spiriti del male che stavano in cerchio attorno alla grotta e quali radici incombevano su di lui con grida insopportabili e con un aspetto terribile. Allora levò gli occhi al cielo e chiamò in aiuto la Madre di Dio con le parole: "Santa Madre di Dio, soccorri il tuo servo". Come i nemici udirono il dolce e da noi molto desiderato nome della Madre di Dio, subito e all'istante svanirono. E di nuovo il santo si dedicò nella grotta alle lotte ascetiche e pregava dicendo a gran voce: "Signore Gesù Cristo, nostro Dio, non abbandonarmi". E non udì più voci per un certo tempo.

Trascorsero da allora cinquanta giorni quando ancora una volta gli sventurati, assumendo le sembianze di prima, gli mossero guerra e incitarono ogni sorta di serpente velenoso e tutte le fiere del monte che condussero assieme a loro nella grotta. Gli scellerati spinsero le fiere a correre di qua e di là, a cercare di divorare vivo il santo con le loro fauci, a strisciare, a sibilare e ad assumere un aspetto terribile. Ma di nuovo Pietro mise in fuga tutti questi poveracci e debolucci con il segno della croce e con l'invocazione del Nome di Dio e della sua Madre immacolata.



Tratto da ALLE ORIGINI DELL'ATHOS, Vita di Pietro l'Athonita - ed- Qiqajon, Comunità di Bose a cui si rimanda per l'approfondimento